Recentemente sono stati celebrati i battesimi! È stato un momento di grande emozione vedere professare pubblicamente la fede in Cristo. Il battesimo è una meravigliosa immagine di nuova vita, di morte al vecchio e risurrezione con Cristo. Ma c’è di più: il battesimo ci parla anche di giudizio, ma in un senso liberatorio. Ci ricorda che per chi crede, il giudizio delle opere che portano alla condanna è stato evitato, poiché quel giudizio è caduto su Cristo.
E proprio da qui, da, dove abbiamo assistito a queste nuove vite in Cristo, facciamo un viaggio indietro nel tempo, molto indietro, fino all’antico Egitto. Immaginate di trovarvi nella “Sala delle Due Verità”, un luogo sacro e temuto. Davanti a voi c’è una bilancia. Da un lato, su un piatto, riposa una piuma delicata, la Piuma della Verità, simbolo della dea Ma’at, che rappresenta l’ordine cosmico, la giustizia e la rettitudine. Dall’altro piatto, con un peso ben diverso, c’è il vostro cuore.
Questa era la scena del Giudizio del Cuore, un momento cruciale nella credenza egizia dell’aldilà. Anubis, il dio con la testa di sciacallo, era lì per supervisionare la pesatura. Thoth, il dio della saggezza, con la testa di ibis, era pronto a registrare il verdetto. E poi c’era Ammit, una creatura terrificante, metà coccodrillo, metà leone e metà ippopotamo, accovacciata sotto la bilancia, pronta a divorare il cuore del defunto se fosse stato trovato troppo pesante, condannando così l’anima all’annientamento eterno. L’idea era semplice, eppure profonda: la vostra vita terrena, ogni azione, ogni parola, ogni pensiero, avrebbe influito sul peso del vostro cuore. Se avevate vissuto una vita retta, onesta e in armonia con Ma’at, il vostro cuore sarebbe stato leggero come la piuma, e avreste avuto accesso al paradiso, ai Campi di Iaru. Ma se il vostro cuore era appesantito dal male, dall’ingiustizia, dalla menzogna, allora il destino era la distruzione.
Il Giudizio nell’Antico Israele: Il Giorno dell’Espiazione e il Capro Espiatorio
Lasciamo ora le rive del Nilo e spostiamoci nella terra d’Israele, nell’antichità, al tempo del Tabernacolo e poi del Tempio. Anche qui, il concetto di giudizio e di rendiconto era centrale, ma con una prospettiva radicalmente diversa e infinitamente più profonda, perché rivelata da Dio stesso.
Il popolo di Israele aveva un giorno specifico, il Yom Kippur, il Giorno dell’Espiazione, che era il giorno più solenne dell’anno. Era un giorno di digiuno, di umiliazione, di profonda auto-esame e di purificazione dai peccati di tutta la nazione. Non era un giorno di giudizio individuale per la vita futura, ma un giorno per affrontare la santità di Dio e il peso del peccato accumulato in un anno.
In questo giorno, il Sommo Sacerdote svolgeva un rituale unico e altamente simbolico (Levitico 16). Prendeva due capri. Sul primo capro venivano poste le mani e confessati tutti i peccati del popolo. Questo capro veniva poi sacrificato, il suo sangue portato nel Luogo Santissimo per fare espiazione. Ma il secondo capro, chiamato il capro espiatorio, era quello che ci parla in modo così eloquente. Sul suo capo il Sommo Sacerdote imponeva le mani e confessava su di lui tutte le iniquità e tutte le trasgressioni, tutti i peccati degli Israeliti. E poi, questo capro, portando su di sé tutti i peccati del popolo, veniva condotto da un uomo designato nel deserto, in un luogo inabitato, e lì veniva lasciato libero.
Questo capro espiatorio era un’immagine potente: i peccati venivano rimossi, portati via, posti lontano dalla presenza di Dio e del popolo. Non erano scomparsi per magia, ma venivano simbolicamente trasferiti su qualcun altro, e portati via, affinché il popolo potesse essere purificato e ricominciare un nuovo anno di relazione con Dio. Non era la perfezione delle loro opere che li purificava, ma la sostituzione e la rimozionedel peccato attraverso un sacrificio designato da Dio.
Il Giudizio che ci Riguarda Oggi: Il Tribunale di Cristo
Anche se queste sono storie di tempi antichi, sia il Giudizio del Cuore Egizio che il Giorno dell’Espiazione Israelita risuonano con un’eco potente nella nostra fede cristiana, perché preparano il terreno per la rivelazione ultima di Dio. Anche noi dobbiamo sapere che un giorno, ognuno di noi si troverà davanti a un tribunale. Non una bilancia con una piuma e un mostro in attesa, né un rito annuale con un capro, ma qualcosa di ben più solenne e reale. La Parola di Dio ce lo dice chiaramente in 2 Corinzi 5:10:
“Infatti dobbiamo tutti comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che avrà fatto quando era nel corpo, sia in bene sia in male.“
Questo versetto ci presenta una realtà ineludibile: ognuno di noi, in quanto credente, si troverà un giorno davanti al Tribunale di Cristo. È fondamentale comprendere la differenza: non per essere giudicati per la salvezza. Quella è assicurata per fede nel sacrificio di Gesù, che è il nostro vero e unico Capro Espiatorio, colui che ha portato via i nostri peccati una volta per tutte. Il Suo sangue è infinitamente più potente di quello di qualsiasi animale.
Il Tribunale di Cristo è invece un giudizio di rendiconto e valutazione della nostra vita vissuta qui sulla terra, dopo aver ricevuto la salvezza. Un po’ come la pesatura del cuore, ma con una prospettiva completamente diversa. Non è per determinare se siamo degni di entrare in cielo, ma per valutare la qualità delle nostre opere e delle nostre motivazioni come credenti.
Il punto cruciale che voglio sottolineare oggi è questo: il credente deve vivere la propria vita in funzione escatologica. Cosa significa questo termine “escatologico”? Significa semplicemente che dobbiamo vivere la nostra vita guardando alla fine, guardando all’eternità, guardando al ritorno di Cristo e al momento in cui saremo davanti a Lui. Non possiamo permetterci di vivere come se questa vita fosse tutto ciò che c’è. Dobbiamo vivere con l’eternità nel cuore.
1. La Consapevolezza del Tribunale: Una Motivazione, non una Paura
Spesso, l’idea di un “giudizio” o di un “tribunale” può incutere timore. Ma per il credente, il Tribunale di Cristo non è un luogo di condanna, bensì di revisione e retribuzione. È il luogo dove le nostre opere, le nostre motivazioni, il nostro servizio, saranno manifestati e valutati alla luce della perfezione di Cristo. Sarà il momento in cui le opere fatte con motivazioni pure e per la gloria di Dio saranno ricompensate, mentre quelle fatte con intenti egoistici o per gloria personale saranno come paglia che brucia (1 Corinzi 3:12-15).
Immaginate un atleta che si allena con in mente la gara finale, le Olimpiadi. Ogni allenamento, ogni sacrificio, è fatto in funzione di quel giorno. C’è un premio in palio, una medaglia d’oro, ma soprattutto la soddisfazione di aver dato il massimo. Allo stesso modo, la consapevolezza che un giorno compariremo davanti a Cristo dovrebbe plasmare il nostro modo di vivere oggi. Non è una motivazione dettata dalla paura della punizione, ma piuttosto dal desiderio di onorare Colui che ci ha salvati e di ricevere la Sua approvazione, il Suo “Ben fatto, servo buono e fedele!”. È la motivazione di un figlio che desidera piacere al proprio Padre celeste, che desidera portargli onore e gloria con la propria vita.
Pensate a Paolo stesso. In 1 Corinzi 9:27, dice: “Anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso sia squalificato.” Paolo aveva ben presente il Tribunale di Cristo e questo lo spingeva a vivere una vita di disciplina e dedizione. Non voleva sprecare la sua vita, e neppure noi dovremmo farlo.
2. Vivere “in Bene”: Ogni Azione Conta
Il versetto di 2 Corinzi 5:10 parla di ricevere la retribuzione di ciò che avremo fatto “sia in bene sia in male”. Questo ci porta a considerare l’importanza di ogni nostra azione.
Non si tratta solo delle “grandi opere” che pensiamo possano contare, quelle che ci rendono famosi o che attirano l’attenzione. Si tratta delle piccole cose quotidiane, spesso invisibili agli occhi umani ma non a quelli di Dio: la parola di incoraggiamento che diamo a un fratello scoraggiato, l’atto di gentilezza che compiamo in segreto per un vicino, il tempo che dedichiamo alla preghiera e alla Parola, la nostra onestà e diligenza sul lavoro, la nostra pazienza e il nostro perdono con la famiglia, il modo in cui gestiamo le nostre risorse finanziarie, l’amore che mostriamo al nostro prossimo in ogni situazione.
Queste non sono cose indifferenti a Dio. Gesù stesso, in Matteo 25, ci parla del giudizio delle nazioni e di come le azioni compiute verso “uno di questi miei minimi fratelli” siano state compiute verso di Lui. Questo ci fa capire che ogni gesto d’amore, ogni atto di servizio, ogni fedeltà nel piccolo, ogni sorsata d’acqua data a un assetato nel Suo nome, ha un valore eterno e una retribuzione che ci attende.
Vivere in funzione escatologica significa che oggi seminiamo ciò che raccoglieremo un domani. Se seminiamo secondo la carne, cercando solo la nostra soddisfazione, raccoglieremo corruzione e insoddisfazione. Ma se seminiamo secondo lo Spirito, mettendo Dio al primo posto e servendo gli altri, raccoglieremo vita eterna in abbondanza (Galati 6:7-8). La nostra vita è come un conto bancario eterno, dove ogni opera fatta per amore di Cristo e secondo la Sua volontà è un deposito che frutterà interessi per l’eternità.
3. Vivere “in Male”: L’Importanza del Pentimento e della Crescita
Il versetto menziona anche “il male”. È importante chiarire che, per il credente, il “male” qui non significa che perderemo la salvezza eterna. La nostra salvezza è sigillata dal sangue di Gesù. Ma il “male” si riferisce a quelle azioni, atteggiamenti, omissioni o inattività che non glorificano Dio e che possono impedirci di ricevere piena retribuzione. Potrebbero essere tempo sprecato, talenti non usati per la Sua gloria, parole dette con leggerezza, egoismo, mancanza di perdono, o pigrizia spirituale.
La buona notizia, amici miei, è che Dio è un Dio di grazia e misericordia. Non ci ha lasciati soli a combattere questa battaglia. Se pecchiamo, abbiamo un Avvocato presso il Padre, Gesù Cristo il giusto (1 Giovanni 2:1). Il nostro obiettivo non è vivere una vita perfetta – nessuno di noi ci riesce – ma vivere una vita di costante pentimento e crescita.
Vivere in funzione escatologica significa esaminare regolarmente il nostro cuore e le nostre azioni alla luce della Parola di Dio. Significa essere pronti a confessare i nostri peccati, a chiedere perdono e a permettere allo Spirito Santo di trasformarci sempre più a immagine di Cristo. Questo processo di santificazione è fondamentale e ha un impatto diretto su come compariremo davanti al Signore. Non vogliamo presentarci a Lui con le mani vuote o con opere che non reggono al fuoco della Sua santità. Desideriamo sentire le Sue parole: “Bene, bravo, servo buono e fedele; sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; entra nella gioia del tuo Signore” (Matteo 25:21).
L’Urgenza dell’Ora Presente e l’Appello per Chi non è Credente
Cari fratelli e sorelle, la verità del Tribunale di Cristo non è pensata per paralizzarci con la paura, ma per darci una prospettiva eterna e una motivazione profonda per come viviamo la nostra vita oggi.
Viviamo in un mondo che ci spinge a concentrarci solo sul presente, sulle gratificazioni immediate, sulle ambizioni terrene. Ci sussurra: “Vivi il momento! Cogli l’attimo! Pensa a te stesso!”. Ma la Parola di Dio ci chiama a elevare il nostro sguardo. Ci chiama a vivere con l’eternità nel cuore.
Quando viviamo con la consapevolezza che un giorno saremo davanti a Cristo, le nostre priorità cambiano radicalmente. Il nostro tempo, i nostri talenti, le nostre risorse, le nostre relazioni, assumono una nuova dimensione. Ci chiediamo: “Sto usando ciò che Dio mi ha dato in un modo che porterà gloria a Lui e che resisterà al fuoco del Suo giudizio? Il mio cuore è leggero, non per la mia perfezione, ma per la consapevolezza che Gesù ha portato via il mio peccato, e ora vivo per Lui?”
Un Messaggio Speciale per Te che Ancora non Conosci Cristo
E ora, a te che potresti essere qui oggi, e magari hai ascoltato parlare del giudizio degli Egizi o del Giorno dell’Espiazione, e senti una risonanza, un’inquietudine nel cuore, voglio rivolgere un messaggio di vitale importanza.
Abbiamo parlato del Tribunale di Cristo, un momento per i credenti, per i figli di Dio che hanno già riposto la loro fede in Lui. Ma la Bibbia parla anche di un altro giudizio, quello finale per chi non ha accettato Gesù come Salvatore. Apocalisse 20:11-15 descrive il Giudizio del Gran Trono Bianco, dove chi non ha il proprio nome scritto nel Libro della Vita sarà giudicato per le proprie opere – sì, tutte le opere, sia buone che cattive – e gettato nello stagno di fuoco, la separazione eterna da Dio.
Amico, amica, questa è una realtà seria. La Bibbia dice che tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (Romani 3:23). Nessuno di noi è abbastanza buono da meritare il cielo per le proprie opere. Le nostre buone azioni, seppur lodevoli agli occhi umani, sono insufficienti a cancellare i nostri “mali” davanti a un Dio santo e perfetto. La piuma di Ma’at, in questo senso, sarebbe sempre più leggera del nostro cuore appesantito dal peccato. E nessun capro può portare via il tuo peccato oggi.
Ma la buona notizia, la notizia più meravigliosa del mondo, la notizia che cambia ogni cosa, è questa: Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio unigenito, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3:16).
Gesù Cristo, il Figlio di Dio senza peccato, è venuto sulla terra, ha vissuto una vita perfetta, ed è morto sulla croce per pagare il prezzo dei tuoi peccati e dei miei peccati. Lui è morto al posto nostro. Gesù è il nostro vero e definitivo Capro Espiatorio! Sul Suo capo sono stati posti tutti i peccati dell’umanità, e Lui li ha portati via, li ha inchiodati sulla croce, annientandone il potere di condannarci. Tre giorni dopo è risorto, vincendo per sempre la morte, il peccato e l’inferno. Ora è vivo e ti offre la salvezza come un dono gratuito, un dono che non puoi guadagnare, ma solo ricevere per fede.
Non c’è nulla che tu possa fare per guadagnare il perdono o la vita eterna. Devi solo riconoscere il tuo peccato, credere nel sacrificio di Gesù per te, e affidare la tua vita a Lui. In quel momento, la Sua giustizia ti viene accreditata, il tuo nome viene scritto nel Libro della Vita, e tu passi dalla morte alla vita. Non sarai più sotto la condanna, ma sotto la grazia, un figlio perdonato e amato da Dio. E un giorno, quando sarai davanti al Tribunale di Cristo, sarai lì come un figlio amato, non come un imputato condannato, ma come uno che ha già ricevuto il perdono e ora attende la ricompensa per la sua fedeltà.
Il tempo è breve. La vita è incerta. Oggi è il giorno della salvezza, il momento di fare la scelta più importante della tua esistenza. Non rimandare questa decisione. Ti invito, proprio ora, in questo istante, a consegnare la tua vita a Gesù. Riconoscilo come tuo Signore e Salvatore. Se desideri farlo, puoi pregare una preghiera semplice come questa nel tuo cuore, con sincerità:
“Signore Gesù, riconosco di essere un peccatore. Credo che tu sei morto per i miei peccati sulla croce e sei risorto. Ti chiedo di perdonarmi e di entrare nella mia vita come mio Signore e Salvatore. Ti affido la mia vita. Amen.”
Se hai fatto questa preghiera, parlane con qualcuno qui in chiesa dopo il culto. Vogliamo aiutarti e guidarti in questo meraviglioso e nuovo cammino di fede.
Che la verità di 2 Corinzi 5:10, la realtà del Tribunale di Cristo, non sia solo un versetto che abbiamo studiato, ma una lente attraverso cui guardiamo ogni giorno della nostra vita. Che ci spinga a vivere con integrità, con amore, con fedeltà, con un cuore rivolto al ritorno del nostro Salvatore.
Che il Signore ci dia la grazia di vivere ogni giorno con l’eternità nel cuore, pronti ad incontrarLo. Amen.